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Assegnazione dell'abitazione familiare al coniuge disabile, anche in assenza di figli minori.

Secondo la legge, in linea di principio, l’abitazione coniugale viene solitamente assegnata al genitore collocatario, ovverosia a quello con cui la prole minorenne (o maggiorenne ma non economicamente autosufficiente) continua a risiedere in via prevalente.

Quando, invece, non vi sono figli, l'abitazione dev'essere lasciata al proprietario, con il conseguente obbligo dell'altro di abbandonarla; viceversa, qualora la casa sia in comproprietà tra le parti, non sussistendo alcun criterio per privilegiare l'uno o l'altro, il giudice - salvo diverso accordo - può anche ordinare la divisione giudiziale dell'immobile.

Nel caso in cui, però, il marito o la moglie siano affetti da disabilità, cosa succede?


Il caso in esame risponde proprio a quest'ultima domanda: trattavasi, invero, della separazione di una coppia, con un figlio maggiorenne ed economicamente autosufficiente, ove il marito, assistito dalla sottoscritta, era affetto da invalidità (grave cecità).

Il Tribunale di Gorizia, sulla scia di quanto statuito dalla Corte d'Appello di Vevenzia con sent. n. 25/2013, ha infatti avvallato le condizioni congiunte che i coniugi, dopo lunghe trattative, concordavano: l'abitazione familiare - di proprietà della moglie - è stata assegnata al marito, e ciò al fine di tutelare l’interesse concreto e attuale del coniuge invalido di non vedere totalmente stravolta la propria esistenza.

La sentenza quindi è degna di nota in quanto il Tribunale, in deroga ai principi generali, ha considerato il diritto alla salute del marito alla stregua di quello che, in presenza di figli minori, consente a quest'ultimi di rimanere all'interno della casa familiare con il genitore collocatario: il trasferimento presso altra e diversa abitazione, infatti, avrebbe comportato grossi problemi di gestione, anche e soprattutto circa la difficoltà derivante dal mero addattamento alla nuova sistemazione.



 
 
 

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